Si parla di “miopia della comunicazione” quando il ricorso alla comunicazione continua ad essere confinato ad un’area specialistica e certamente marginale rispetto al rilievo che ha: tutto deriva da un’interpretazione monca e riduttiva di cosa significhi comunicare, degli strumenti e dei canali che l’impresa ha a disposizione per comunicare. Una prima deficienza la si può ricercare nel ruolo di assoluto protagonista della pubblicità, considerata il più importante medium della comunicazione d’impresa, e spesso e volentieri, proprio l’unica comunicazione possibile per l’impresa. Anche se essa continuerà a mantenere, nel nuovo contesto sociale e di mercato, un ruolo egemone per avere successo in una società così complessa, la pubblicità non può ancora farsi carico, da sola, di un fardello così pesante. Le sue funzioni oggi devono essere ‘spalmate’ lungo tutta l’impresa e contribuire ad una più generale tensione comunicativa: la pubblicità, quindi, nel nuovo contesto sociale, è destinata ad abbandonare lo status proprio di comunicazione d’impresa e diventare bacino di una più complessa e diversificata attività di comunicazione all’interno dell’impresa. Una comunicazione vincente oggi, deve essere “integrata” che non significa solo un accordo con i media classici ma con una molteplicità di canali che divengono medium. E’ il caso dei social media, definiti dai professori Andreas Kaplan e Michael Haenlein, un gruppo di applicazioni Internet basate sui presupposti ideologici e tecnologici del Web 2.0, che consentono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti. Sono diventati ormai di primaria importanza, perché permettono alle persone di utilizzare il web per stabilire relazioni di tipo personale o lavorativo e vengono definiti anche user/consumer-generated media. L’avvento dei social media apporta un cambiamento totale nel mood delle aziende italiane e del loro approccio con il target: all’epoca del marketing 1.0 l’obiettivo era sponsorizzare e vendere il prodotto, il concetto chiave del marketing non era altro che lo sviluppo di questi e l’interazione dell’azienda con i consumatori era da uno a molti. Le cose ora sono cambiate. Nel marketing 2.0, quello in cui ci troviamo, l’obiettivo è la soddisfazione e la fidelizzazione dei consumatori verso il brand e i suoi valori, il concetto chiave del marketing è l’interazione dell’azienda con i consumatori: il rapporto uno a uno. Siamo passati da un monologo a un dialogo, fino ad arrivare ad una comunicazione one to one. Una comunicazione efficace ed efficiente, dunque, deve tener conto di tutti questi mutevoli aspetti, gestendoli in maniera sinergica, al fine di giungere non ad una semplice sommatoria di messaggi, ma una sorta di effetto “diapason”: una nota unanime, una sinfonia comune a tutti gli strumenti derivante dalla medesima orchestra musicale. La comunicazione d’impresa come un’orchestra si avvale di molti e diversi strumenti che ovviamente avranno toni differenti, ma che seguono tutti lo stesso spartito. Ogni strumento ha il suo ruolo, ma insieme rappresentano la sinfonia che ascoltiamo. Ovvero, ciascun canale comunicativo fa la sua parte secondo le proprie peculiarità, ma tutti obbediscono ad un elemento comune: la pianificazione strategica dell’impresa.
Arfchivio mensile: Luglio 2014
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Cosa significa comunicare per un’impresa?
Nella società in cui viviamo, operiamo e consumiamo, assume grande rilievo il ruolo della comunicazione, medium tra l’interno e l’esterno dell’impresa, che deve veicolare lo stato dell’azienda, comunicando ai suoi stakeholders. Il modus comunicandi dunque, è l’elemento principe per la vita e l’immagine aziendale per ottenere il goodwill (“benevolenza”) da parte dei suoi pubblici di riferimento, nel completo rispetto di questi.
Sebbene alla comunicazione sia stato ormai riconosciuto il ruolo strategico per la vita di un’impresa, non si è compreso ancora, a mio parere, il suo valore. In particolare, ancora oggi diverse aziende non considerano sufficientemente la dimensione sociale del processo comunicativo che porta poi il consumer ad acquistare o meno il prodotto, a sentirsi parte o meno di una logica aziendale. Comunicare in un’impresa non significa solo veicolare dei messaggi, promuovere un brand e persuadere all’acquisto di un prodotto; vuol dire trasmettere un ideale, generare e condividere un universo di valori: ideali sociali che un’impresa fa propri in armonia con il target di riferimento, il quale a sua volta li condivide fidelizzandosi all’azienda. Da qui nasce e prospera la corporate identity, la forma più profonda e spirituale del marchio. In essa si identifica il core identity, il nucleo dell’azienda generato dai valori dei suoi fondatori, che dà origine alla visione ed alla mission aziendale. Un esempio emblematico in Italia lo si può ritrovare nel marchio “Mulino Bianco”, che negli anni, con le sue campagne pubblicitarie ad hoc è diventato quasi uno status symbol per i rapporti familiari (la cosidetta “famiglia del mulino bianco”).
Inoltre, comunicare nell’impresa vuol dire raccontare un prodotto nel contesto sociale in cui viene realizzato e mercificato, razionalizzarlo e giustificarlo ad un pubblico (il target) cui ci rivolgiamo, rispettandolo come consumatore, ma, prima ancora, come parte sociale coinvolta (con tutto quello che ne deriva).
Dunque la comunicazione oggi è il vero tessuto connettivo che unisce il mondo della produzione al mercato, è, il reale terreno di coltura in cui nasce e prospera il consumo e quindi il business.